Approfondimenti
Cenni di fisiopatologia
Il pavimento pelvico ed i meccanismi della continenza fecale rappresentano da oltre cento anni oggetto di controversie e di studi. E’ ancora attuale il giudizio espresso da Dickinson nel 1889 nel suo lavoro Studies of the levator ani muscle: “non vi è altro muscolo del corpo la cui struttura e funzione sia altrettanto difficile da capire che il muscolo elevatore dell’ano e, riguardo al quale, vi siano altrettanto nebulose impressioni”. Il pavimento pelvico ha una forma di losanga ed è delimitato anteriormente dalla sinfisi pubica, posteriormente dal coccige ed ai lati dalle tuberosità ischiatiche. Sarebbe ingenuo presumere che la continenza fecale sia la conseguenza di un unico processo. Probabilmente, tale condizione viene ottenuta mediante una complessa serie di fattori controllati da vie nervose spinali e locali che allo stesso tempo possono essere regolate dalla coscienza. Il ruolo degli sfinteri anali resta in parte sconosciuto. Non sembra di poter attribuire allo sfintere interno un ruolo importante: ciò è suggerito dal fatto che, dopo sfinterotomia, la perdita funzionale è trascurabile o nulla. Analogamente, la sezione dell’anello dello sfintere esterno in genere è priva di rischio purchè venga lasciata integra la porzione profonda del muscolo, chiamata puborettale. Il puborettale stesso è considerato in genere uno dei principali muscoli della continenza anorettale; la sua contrazione causa l’angolatura acuta tra la porzione superiore del canale anale e il basso retto.
L’esatto meccanismo e il significato di tale angolo non è ancora ben chiaro (Fig. 1). E’ del tutto possibile che l’angolo ano-rettale contribuisca alla continenza in un modo assai semplice, analogamente a come si può interrompere il flusso dell’acqua in un tubo semplicemente angolando quest’ultimo. I muscoli puborettale e sfintere anale esterno mostrano la capacità di un tono elettrico continuo, fatto non osservato nella maggior parte dei muscoli scheletrici. Questa funzione è conseguenza diretta di un riflesso spinale e come tale può essere abolita se la branca afferente del riflesso viene interrotta o è influenzata da lesioni del motoneurone per traumi o neoplasie.
La sensazione del retto pieno è importante per la continenza, perché l’individuo è avvertito della necessità di evacuare. La ridotta consapevolezza del riempimento rettale si osserva in pazienti con ictus, lesioni spinali o demenza e questi pazienti presentano inevitabili turbe della funzione anorettale. La discriminazione tra gas e feci si ritiene dipenda da un riflesso localmente mediato, per mezzo del quale la distensione rettale causa inibizione della contrazione dello sfintere interno. In questo modo, un piccolo campione del contenuto rettale penetra nel canale anale prendendo contatto con i numerosi recettori sensoriali a livello della linea dentata. Se si avverte la presenza di feci, un’energica contrazione dello sfintere esterno spinge indietro il materiale nel retto fino a quando non è possibile la defecazione.
Le difficoltà di evacuazione possono essere dovute a scarsa forza propulsiva del colon, a deficit della sensibilità rettale, a trascuratezza delle sensazioni, a mancato rilasciamento della muscolatura liscia o striata del pavimento pelvico, a ostruzione funzionale o ad alterazioni morfologiche del retto.
Deficit della sensibilità rettale. I pazienti con megaretto che accusano stipsi avvertono la distensione rettale quando il bolo fecale è maggiore rispetto agli individui normali. La formazione di fecalomi può avvenire come risultato diretto dell’incapacità di avvertire il bolo fecale e porta all’impossibilità di evacuare.
Analogamente, se stimoli ripetuti alla defecazione vengono ignorati, il retto si adatta passivamente ad accettare una maggiore massa di feci. Se il bolo fecale diventa troppo voluminoso insorgono difficoltà alla defecazione.
Ostruzione alla defecazione. Durante la defecazione normale, i muscoli sfinteri interno ed esterno e puborettale si rilasciano; contemporaneamente, l’angolo anorettale si rettilineizza e il canale anale si accorcia, riducendo così la resistenza al passaggio delle feci. Poichè la pressione endoaddominale aumenta durante i tentativi di defecazione, le feci possono passare dal retto all’esterno attraverso il canale anale.
L’alterazione della normale sequenza muscolare dell’attività del pavimento pelvico può causare ostacolo alla defecazione. La contrazione paradossa del puborettale e dello sfintere esterno durante i tentativi di defecazione con conseguente mancato raddrizzamento dell’angolo anorettale sono alla base della costipazione grave.
Il prolasso rettale e/o l’invaginazione interna possono causare ostruzione alla defecazione quando l’uscita del canale anale è occlusa dall’intestino invaginato. Questo problema può essere diagnosticato con un’accurata valutazione clinica oltrechè con indagini strumentali.
un voluminoso rettocele può causare difficoltà alla defecazione disperdendo in modo inefficace le forze impiegate nell’evacuazione.
L’enterocele, l’erniazione di alcune anse dell’intestino tenue all’interno del cavo di Douglas, può essere responsabile di stipsi cronica. Il meccanismo con cui l’enterocele possono causare una evacuazione incompleta è complesso e si ritiene che comprenda sia la compressione esercitata sul retto sia la stasi del contenuto intestinale nei segmenti erniati.
La sindrome del perineo discendente si caratterizza per un’eccessiva discesa del piano perineale rispetto ai punti di repere ossei. In genere, le pazienti riferiscono una storia di stipsi cronica ostinata, con sforzi evacuatori prolungati. Gli sforzi evacuatori prolungati e l’utilizzo del torchio addominale tipici di questi pazienti causano un progressivo stiramento delle fibre dei muscoli del pavimento pelvico e compromettono la loro capacità contattile: si riduce così la capacità di questi muscoli di opporsi alla pressione generata durante il ponzamento e di riassumere la corretta posizione a fine evacuazione.
L’incontinenza fecale può manifestarsi allorchè uno di questi complessi meccanismi risulti inefficace. Ne consegue che la sintomatologia può essere secondaria ad alterazioni organiche evidenti o comparire in assenza di lesioni. Nella maggior parte dei casi comunque alterazioni strutturali e funzionali coesistono, tant’è che molti Autori ipotizzano un rapporto di causa-effetto o di feed-back tra di esse. Il vero problema è stabilire l’esatto confine tra alterazione di funzione e danno d’organo. L’alterazione o il danno possono mantenersi per anni paucisintomatici, finchè un evento precipitante ne determina la slantetizzazione sintomatologica.
Da quanto sopra emerge che i disordini del pavimento pelvico richiedono una valutazione a 360 º gradi di tutte le problematiche che possono essere associate evitando di focalizzare l’attenzione sul singolo aspetto ed usando cautela nell’associazione tra alterazione anatomo-funzionale ed il sintomo.
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